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IL GIORNO DEL RICORDO

Il Giorno del Ricordo

Una solennità civile: la memoria delle Foibe

Il Giorno del Ricordo è una ricorrenza celebrata il 10 febbraio in  memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. La data ricorda il giorno in cui, nel 1947, fu firmato il trattato di pace che assegnava alla Iugoslavia l’Istria e la maggior parte della Venezia Giulia. È stato istituito dalla legge 30 marzo 2004 n. 92 così intitolata: “Istituzione del «Giorno del ricordo» in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale e concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 86 del 13 aprile 2004.

Ecco l’incipit della legge all’articolo 1:

1. La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale «Giorno del ricordo» al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.

    2. Nella giornata di cui al comma 1 sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado. È altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende. Tali iniziative sono, inoltre, volte a valorizzare il patrimonio culturale, storico, letterario e artistico degli italiani dell’Istria, di Fiume e delle coste dalmate, in particolare ponendo in rilievo il contributo degli stessi, negli anni trascorsi e negli anni presenti, allo sviluppo sociale e culturale del territorio della costa nord-orientale adriatica ed altresì a preservare le tradizioni delle comunità istriano-dalmate residenti nel territorio nazionale e all’estero.

    3. Il «Giorno del ricordo» di cui al comma 1 è considerato solennità civile ai sensi dell’articolo 3 della legge 27 maggio 1949, n. 260.”

Le foibe erano profonde cavità naturali (dal latino fovea) tipiche delle aree carsiche. Nella Venezia Giulia (ex province di Trieste, Gorizia, Pola e Fiume) le foibe vennero utilizzate durante la Seconda guerra mondiale e nel Dopoguerra, per liberarsi dei corpi di coloro che erano caduti negli scontri tra nazifascisti e partigiani, e soprattutto per occultare le vittime delle ondate di violenza scatenate a due riprese – dapprima dopo l’8 settembre del 1943 e successivamente nella primavera del 1945 – da parte del movimento di liberazione sloveno e croato. Tra le tante foibe ricordiamo la «foiba dei colombi» di Vines, in Istria, dalla quale vennero recuperati, nel 1943, 84 corpi, e il pozzo di Basovizza, nei pressi di Trieste, rispetto a cui nel 1945 fonti britanniche parlarono di alcune centinaia di vittime, mentre da parte italiana vennero diffuse cifre assai superiori. Quanto alle dimensioni del fenomeno, le ipotesi più attendibili parlano di circa 600-700 vittime per il 1943, quando a essere coinvolta fu soprattutto l’Istria, e di più di 10.000 arrestati – in massima parte di nazionalità italiana –, alcune migliaia dei quali non fecero ritorno nel 1945, quando l’epicentro delle violenze fu costituito da Trieste, Gorizia e Fiume. Nel complesso, gli storici stimano tra le 4000 e le 5000 vittime. Nella prima ondata (autunno 1943), accanto a squadristi e gerarchi locali vennero prelevati podestà, segretari e messi comunali, carabinieri, guardie campestri ecc.: un segno della diffusa volontà di spazzare via chiunque potesse far ricordare l’amministrazione italiana. La seconda ondata di violenze ebbe inizio nel maggio 1945, quando le truppe iugoslave giunsero nella Venezia Giulia, colpendo in primo luogo molti militari e civili, ma coinvolgendo anche unità della Guardia di finanza e parte della Guardia civica di Trieste. Le autorità iugoslave diedero quindi il via a un’ondata di arresti, i cui obiettivi furono i membri dell’apparato repressivo nazifascista, i quadri del fascismo giuliano ed elementi collaborazionisti, ma anche alcuni partigiani italiani i quali non accettavano l’egemonia iugoslava.

prof. Eugenio Russomanno

Biblioteca scolastica dell’Istituto

 

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